Ci sono persone che fin da piccole non sono a proprio agio nello stare al…
Il cibo: da sostentamento a ossessione
Mangiare non solo è necessario per vivere, ma il più delle volte rappresenta un piacere.
Non è così per coloro che sviluppano un disturbo del comportamento alimentare. Spesso costoro utilizzano il cibo come risposta ad una sofferenza psichica: tristezza, depressione, tensione, stress, ansia, trauma etc. Il cibo nell’immediato dà sollievo, ma quando si perde il controllo, fino ad arrivare ad abbuffarsi, a mangiare quantità incredibili di alimenti oltre il senso di pienezza dello stomaco, si fa una chiara violenza al proprio organismo. Difficile è in questi casi fermarsi se si entra nella logica del “tutto o niente”. Il danno sembra essere così grande riguardo alle calorie ingerite, che “tanto vale” andare avanti a mangiare fino allo sfinimento. A volte seguono grandi propositi, in genere per il giorno seguente, di restrizione alimentare totale (digiuno) o parziale (dieta). Altre volte, il giorno dopo è troppo distante per rimediare e far tacere i sensi di colpa, da ricorrere al vomito auto-indotto, a lassativi, o ancora ad esercizio fisico massacrante.
Entrambi i comportamenti compensatori in realtà non fanno altro che aprire la porta e legittimare l’abbuffata seguente. La giornata ruota attorno al pensiero del cibo e delle sue calorie, e al controllo ossessivo della propria forma fisica e del peso corporeo.
Le persone che soffrono di un disturbo alimentare giudicano se stesse quasi unicamente in base a come appare il loro corpo e al controllo che hanno sull’alimentazione. Tutto il resto passa in secondo piano. Anche uscire con gli amici diventa un problema, soprattutto se significa mangiare insieme, e comunque in ogni caso per la vergogna di mostrare il proprio corpo.
Spesso questi individui oltre ad avere standard esigenti di peso, hanno purtroppo un’alterata percezione fisica, e tendono a vedersi meno magri della realtà, questo anche per il continuo controllo del corpo, come hanno dimostrato molti studi clinici.
Occorre quindi un intervento terapeutico per modificare i pensieri e i comportamenti disfunzionali che generano e mantengono il disturbo.
Per prima cosa è utile stimolare la motivazione al cambiamento attraverso lo studio dei vantaggi e degli svantaggi del disturbo alimentare. Spesso infatti sono così forti i vantaggi secondari, come l’ottenere maggiore attenzione dai familiari o dagli amici, da mantenere, senza che la persona se ne renda conto, il problema.
Dopo avere monitorato tramite un diario i comportamenti alimentari disfunzionali, si insegnano quelli sani da sostituire. Si cerca di fare in modo che l’alimentazione sia regolare e comprenda tutti i cibi, anche quelli evitati per paura di ingrassare, nelle quantità giuste, senza restrizione eccessiva.
Le persone devono imparare a tollerare e perdonarsi eventuali “sgarri” alimentari, quando mangiano qualcosa che non avrebbero dovuto, o in quantità superiori. Devono spezzare il pensiero dicotomico di tutto o nulla secondo cui erroneamente una prestazione è perfetta o completamente sbagliata, e bloccare così sul nascere l’abbuffata, riflettendo anche su quali conseguenze negative avrebbe.
L’informazione sui danni che possono provocare, alla lunga, il vomito e i lassativi aiuterà poi a frenare tali comportamenti.
Insieme si formulerà un promemoria di cose da pensare e da fare per gestire le situazioni ad alto rischio.
Quindi si stabilirà insieme come ridurre i comportamenti di controllo eccessivo del corpo.
Per esempio importante è: pesarsi solo una volta alla settimana, stabilire un tempo massimo per vestirsi e quanti vestiti provare, decidere regole su quando, dove, quante volte e come osservare il proprio corpo, nella sua interezza e senza dare giudizio su di esso, e smettere di chiedere rassicurazioni sul proprio aspetto.
In parallelo si lavorerà sull’accrescimento dell’autostima, cercando di allargare lo schema di autovalutazione ancorato quasi esclusivamente alla propria forma fisica, e sull’eccessivo perfezionismo.
Da ultimo si cercherà di potenziare le relazioni interpersonali, e si offrirà sostegno laddove richiesto ai familiari.